lunedì 6 dicembre 2010

L'ULTIMO ESORCISMO ovvero L'anticristo mena il can per l'aia


Mamma che porcheria. In appena ottantasette minuti di questo barbosissimo horror ce n’è abbastanza per tenersi alla larga per qualche lustro da tutti i film accessoriati di crocifissi, tavole ouije, bibbie e altre cianfrusaglie del genere. Eppure la locandina dice di credere in lui. In lui chi? Boh, si spera non nel signor Eli Roth, che produce con sprezzo del ridicolo questo Ultimo Esorcismo, dove mena il can per l’aia per un’ora abbondante, riuscendo ad annoiare (molto) e a non spaventare (mai). Basterebbe sapere che vergognose panzane come Cabin Fever e Hostel 1 e 2 sono farina del suo sacco, per fare di corsa dietrofront e supplicare la cassiera di farsi cambiare i biglietti. Uomo avvisato.

D’altronde non è che ci si possa aspettare chissà cosa dalle storie sull’anticristo, ormai sul tema si è visto di tutto e di più, per oltre trent’anni si è cercato di rifare il primo Esorcista toppando quasi sempre, anche perché quelli erano davvero altri tempi. Oggi per spaventare sul serio – quando ci si riesce – non basta un letto che trema da solo e una tizia dallo sguardo assente e che si flette meglio di Roberto Bolle. Ma questo non scusa il signor Roth, reo di aver messo in piedi una trama senza capo né coda, con pochissimi momenti di vera tensione, piena dei soliti personaggi balordi e incredibilmente tonti, bravissimi a non avvertire mai il pericolo e a farsi ammazzare come polli.
Tutto accade nella poverissima Louisiana. L’imbroglione Cotton Marcus è un reverendo da quattro soldi: non riuscirebbe più a fingere di credere in Dio neanche sotto tortura, eppure ogni domenica nella squallida chiesetta di Baton Rouge incanta folle di guitti con i suoi sermoni gonfi di belle parole da far venire i lucciconi. Dopo aver passato una vita a esorcizzare l’esorcizzabile, decide di smetterla di raccontarsi patacche: basta, Dio non esiste, il diavolo nemmeno e quindi gli indemoniati sono solo poveri merli facilmente suggestionabili. Ve lo dimostrerò abbindolando un ultimo allocco e filmando tutto quanto con tanto di cameraman.
Senonché gli si presenta il caso di una ragazzotta sedicenne che vive in una scalcinatissima fattoria in mezzo al nulla, accusata dal padre di essere posseduta dal demonio e di sterminare nottetempo uno ad uno gli animali di casa. A guardarla bene in effetti questa adolescentella pallida come la morte, perennemente in anfibi e camicia da notte, sembra un po’ fuori di melone, anche perché la mattina si risveglia ricoperta di sangue dalla cintola in giù. Se non si parlasse dell’anticristo, uno potrebbe pure farsi strane idee. Meglio ricorrere alla prova del nove: facciamole un bel pediluvio, infilandole le estremità in un catino e vediamo che succede. Magia, l’acqua bolle da sola, sarà stato il farabutto Marcus oppure qualcos’altro?
Insomma, quella che doveva essere una farsa, rischia di diventare un massacro. Il punto è che già dopo mezz’ora dove non succede un accidenti di niente, si capisce che tira aria di fuffa. Sarà per colpa degli attori di terza mano, sarà perché di sette sataniche che si radunano per riti incomprensibili e demoni che fanno dire al povero cristo di turno ogni sorta di volgarità con voce da transessuale, uno inizia ad averne piene le tasche. Ma che senso ha un horror in cui non si salta mai sulla sedia? E soprattutto: perché la ragazzotta posseduta gira con un paio di inguardabili Dr. Martens per tutto il film?

Luca Fabbri

UMORISMO INVOLONTARIO


RANCORE SUSCITATO


EFFETTI SPECIALI BECERI
 

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