martedì 10 maggio 2011

MACHETE ovvero Per perdonare c'è Dio, per vendicare c'è Machete!



Un film di serie B, ma d’autore. L’esagerazione grottesca delle pellicole anni ’70 mescolata con la coscienza di utilizzare il linguaggio di un sottogenere cinematografica. L’ossimoro su pellicola ideato da Quentin Tarantino vede in Robert Rodriguez, regista di film come “Sin City” e “Dal tramonto all’alba”, uno dei suoi massimi esponenti. Machete è un ex-polizziotto messicano dal volto segnato di cicatrici che viene ingaggiato sotto ricatto per sparare al senatore texano McLaughlin  (uno spassoso Robert De Niro) razzista verso i messicani, che considera “insetti da estirpare dal paese dei nostri padri”.
Mentre il senatore si diverte in battute di caccia al messicano i suoi sottoposti ordiscono un piano per far approvare il progetto di un muro elettrificato che separi il Texas dal Messico anche a costo della sua vita.

Il film è un susseguirsi di scene assurde e paradossali, di dialoghi che sono la parodia del peggior cinema americano d’azione. Memorabile la scena in cui Machete fugge dalla finestra dell’ospedale calandosi giù usando come corda l’intestino del nemico appena machetato. Indimenticabili gli spot elettorali con De Niro che esalta lo spirito patriottico con il fucile in spalla che pare la parodia di Bossi o di Borghezio.
In “Machete” i messicani diventano tutti venditori di tacos e giardinieri pronti però a fare una rivoluzione quando la loro paladina “She” una versione femminile del “Che” e il mito Machete sono in difficoltà. Splendido anche il prete assassino con televisore a forma di crocefisso che ammazza la gente a suon di "per perdonare c'è già Dio".
Già pronti due sequel: “Machete uccide” e “Machete uccide ancora” e la pioggia di machetate è assicurata.


UMORISMO INVOLONTARIO (in questo caso volontario)

RANCORE SUSCITATO
EFFETTI SPECIALI BECERI

lunedì 9 maggio 2011

THOR ovvero Figlio di Odino da botteghino



“In questo periodo di insicurezza e paura c’è sempre più bisogno di supereroi” ha dichiarato la Universal Pictures presentando il nuovo colossal su Thor. Di sicuro la Universal ne ha proprio bisogno di supereroi per far quadrare i bilanci, e si sa, i film sui paladini mascherati hanno sempre presa sul pubblico giovane. Dopo aver spennato fino all’ultimo i più celebri Spiderman, Batman, Fantastici 4 e Hulk, si è arrivati ora a quelli in secondo piano come Thor. Nasce così una spece di Conan il barbaro con cazzotti in 3D. Il figlio di Odino armato di martellone gigante in Italia non ha mai avuto grande successo, ma nella sua versione cinematografica Thor è ancora più muscoloso e ricco di effetti speciali di quanto non fosse nei fumetti. Inoltre un eroe nordico e figlio di Odino potrebbe avere il suo appeal su un pubblico Padano. La trama è semplice: Caduto nel nostro mondo Thor si imbatte in un gruppo di ricercatori che indagano i curiosi eventi atmosferici che hanno luogo nel New Mexico e in particolare in una avvenente astrofisica. Intanto nel regno di Asgard, da dove proviene, il fratello Loki approfitta di un malessere del padre per salire al trono. Cosa farà il supereroe per salvare addirittura due mondi?
Alla regia Kenneth Branagh, che dopo aver affrontato Shakespeare si è arreso anche lui all’amaro destino di diventare un milionario regista di colossal.

UMORISMO INVOLONTARIO


RANCORE SUSCITATO
 
EFFETTI SPECIALI BECERI

giovedì 28 aprile 2011

GOOD BYE MAMA ovvero Se una volta la si dava al regista...


Definito dalla critica “il Colossal dell’amica di Silvio” la pellicola in questione è stata al centro di una bufera politica centrata su finanziamenti giunti alla formosa ragazza bulgara attrice, non c’è regista, non c’è amica del presidente per girare questa film indecoroso costato un sacco di soldi pubblici. Il film è una accozzaglia di melodrammaticità, una soap opera di propaganda, la storia di una ragazza che trova speranza in una foto del papa e in una di Berlusconi (sic) e fa perdere la ogni speranza agli spettatori.
Se un tempo in politica si parlava di maggioranza bulgara ora si parla di maggiorata bulgara.


UMORISMO INVOLONTARIO
RANCORE SUSCITATO
EFFETTI SPECIALI BECERI

SCREAM 4 ovvero Quando il portafoglio langue Scream ritorna



L’assassino che telefona alle vittime. La maschera del volto che urla, che fa un po’ Munch un po’ sfilata carnevale. L’ambientazione scolastica. Le belle ragazze formose. Il brivido della paura mescolato con l’ironia del cinema che non si prende troppo sul serio. Wes Craven con Scream ha creato un prodotto di genere horror perfettamente confezionato che riesce a ripetersi come una serie televisiva a episodi. Il terzo episodio sarebbe dovuto essere l’ultimo ma dopo aver sfornato due pellicole flop il buon Craven ha ben pensato di ritirare la maschera bianca fuori dall’armadio.
I personaggi sono sempre gli stessi (o almeno quelli che sono sopravvissuti) e la trama prosegue da dove era rimasta più o meno coerentemente. Sidney Prescott (Neve Campbell), ora una scrittrice, torna nella cittadina dei delitti e ritrova, oltre a Gale e Dewey (Courtney Cox e David Arquette) ora sposati, anche il misterioso assassino dalla maschera terrificante deciso a portare a termine la sua serie di omicidi. Un prodotto popolare volutamente kitsch con personaggi da fumetto che non delude gli appassionati.

UMORISMO INVOLONTARIO



RANCORE SUSCITATO



EFFETTI SPECIALI BECERI

martedì 29 marzo 2011

DYOLAN DOG ovvero Come uccidere un mito



Vedere questa versione di Dylan Dog rifatta dagli 'merigani è come sentire una canzone di Elvis cantata da Mino Reitano: fa schifo, non c'entra un cazzo con l'originale, ma si chiama uguale.

Per chi ha amato il fumetto cult di Tiziano Sclavi che dagli anni ’80 ha rinnovato il genere in Italia rimarrà molto deluso dal film. L’unica cosa che rimane dell’ispettore del paranormale della Bonelli è la camicia rossa, tutto il resto scompare senza lasciare traccia.
Il geniale aiutante Groucho, ispirato ai fratelli Marx, che sarebbe stato un ottimo spunto cinematografico, è stato letteralmente tagliato, sostituito da un insulso Marcus che, almeno, viene subito ucciso. Il volto dell’ispettore è quello della stella hollywoodiana Brandon Routh, da poco diventato il nuovo Superman. Il film americano ispirato alla saga nostrana è un film per adolescenti che deve più al genere vampiresco in stile Twilight che non a Dylan Dog. La trama è un riassunto delle varie trame dei film dell’orrore che piacciono ai giovani dai 13 ai 15 anni con zombie, lupi mannari.
A creare un po’ di mistero non c’è nemmeno la nebbia di Londra, infatti gli americani hanno pure trasferito Dylan a New Orleans: “Giuda ballerino!”

UMORISMO INVOLONTARIO


RANCORE SUSCITATO


EFFETTI SPECIALI BECERI

sabato 12 marzo 2011

PIRANHA 3D ovvero Perchè muoiono solo gnocche in bikini?



Cosa c’è di peggio di vedere un film che parla di un lago infestato da pesci carnivori preistorici dai denti a sciabola usciti dal sottosuolo per divorare ragazze in bikini cacciati da una sexy poliziotta?
Semplice: vedere un film che parla di un lago infestato da pesci carnivori preistorici dai denti a sciabola usciti dal sottosuolo per divorare ragazze in bikini cacciati da una sexy poliziotta in 3D.

Alexandre Aja, autore di pellicole di “prestigio” come il remake di “Le colline hanno gli occhi” è un esperto di sbudellamenti che può finalmente cimentarsi con squartamenti 3D. “Piranha 3D” mescola violenza e ammiccamenti sessuali atti a stimolare un pubblico con poche pretese che non ha voglia di cimentarsi in una trama con personaggi e complicazioni narrative ma preferisce un intreccio che si limiti al “lui va con lei” o “il piranha uccide lui”.
Di positivo c’è che il film si prende poco sul serio, Aja è conscio che sta creando una mondezza di film e inserisce alcuni siparietti comici non troppo riusciti. La vera ironia permea dall’intera struttura della pellicola evidentemente congegnata per “ammazzare il tempo”.

Matteo Cavezzali

UMORISMO INVOLONTARIO



RANCORE SUSCITATO



EFFETTI SPECIALI BECERI


venerdì 25 febbraio 2011

MANUALE D'AMORE 3 ovvero Come sputtanare attori famosi



La commedia romantica è il genere di largo consumo più spendibile sul mercato del cinema. L’importante sono i nomi in locandina e qui la produzione De Laurentiis non ha badato a spese.

Ci sono tutti: il divertente Carlo Verdone, il belloccio Riccardo Scamarcio, l’avvenente Laura Chiatti, la non-più-giovanissima e insipida Monica Bellucci, il teatrale Michele Placido e niente meno che Robert De Niro.
No, non è un errore di battitura, nel nuovo film di Veronesi regista di film come “Genitori & figli”, “Italians”, “Manuale d’amore” e “Manuale d’amore 2”, c’è l’attore di “Toro scatenato”, “Gli intoccabili” e “c’era una volta in America”.

Cosa c’entra? Nulla, ma che importa! Il film consiste in tre storielle d’amore in un condominio divise in tre fasce d’età: i giovani, la mezza età e gli over sessanta. Il risultato è un misto di romanticherie e luoghi comuni, con qualche scena divertente e un po’ di scene piccanti.

Matteo Cavezzali

UMORISMO INVOLONTARIO
RANCORE SUSCITATO
EFFETTI SPECIALI BECERI

martedì 15 febbraio 2011

I FANTASTICI VIAGGI DI GULLIVER ovvero Comicità lillipuziana (e recensione lillipuziana)


Jack Black fa ridere, non c’è dubbio. È simpatico, sì, sì, certo. Bravo eh. Niente da dire… Ma senza uno straccio di sceneggiatura e con una storia a dir poco moscia nemmeno Belushi sarebbe riuscito a far ridere. In questa versione hollywoodiana de “I fantastici viaggi di Gulliver” sopravvive solo l’idea un uomo enorme accanto a uomini piccolissimi. Un po’ pochetto per intitolare il film come il romanzo di Jonathan Swift, che si sarebbe anche parecchio arrabbiato se non fosse che un autore morto da  duecentocinquanta anni non può intentare causa legale per i diritti d’autore. Gulliver diventa qui il facchino di un quotidiano che per far colpo sulla redattrice che si occupa di viaggi, Darcy (Amanda Peet), improvvisa una spedizione alle Bermude per svelare il segreto del misterioso triangolo. Finisce a Lilliput, dove i cittadini sono alti tre centimetri, e anche l’ironia non si eleva molto più in alto.
Matteo Cavezzali


UMORISMO INVOLONTARIO

RANCORE SUSCITATO
 
EFFETTI SPECIALI BECERI

lunedì 31 gennaio 2011

IMMATURI ovvero Regista e attori bocciati alla maturità


Non c’è niente da fare, certi film andrebbero evitati come la peste. Basterebbe guardare i nomi nella locandina di Immaturi per farsi di nebbia davanti alla cassa, i nomi sulla locandina occupano più spazio della grandezza della locandina stessa, sembra una raccolta firme di Repubblica, sempre le stesse facce con i vari Raoul Bova, Ambra Angiolini, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Barbora Bobulova e compagnia bella. Mancano giusto Riccardo Scamarcio e Luciana Littizzetto e il patatrac è fatto.

Chi va al cinema a vedere questo Immaturi, si metta pure il cuore in pace, perché per quasi due ore vedrà cazzeggiare la solita pletora di mezze cartucce, di attori che non sono attori, di buone braccia sottratte all’agricoltura, arruolate con cadenza semestrale per mettere in scena l’ennesima commediola senz’arte nè parte, uguale a tutti i vari Manuali d’Amore, Commediesexi e Notti Prima Degli Esami, che al botteghino poi fanno sempre centro, chissà perchè. Però, santo cielo, mai un attore di caratura mondiale, mai un Matt Damon, una Penelope Cruz, un Jude Law o un Javier Bardem, sembra che dall’Italia possa venir fuori solo Claudio Bisio. Poi per forza che da anni gli Oscar li vediamo col binocolo. Grazie tante.

Si dirà: ma uno al cinema ci va per farsi quattro risate in leggerezza. Vero, ma qui i momenti di autentica ironia sono numerosi quanto gli elettori di Francesco Rutelli, mentre la trama – che pure è retta da una buona idea di partenza – finisce per naufragare nella consueta melassa buonista tipica di questi film, fatti di compagnie di unici e inseparabili superamici, scazzi reciproci che finiscono a tarallucci e vino, quotidianità ostentate, sorrisoni grandi così, bambini saccenti ma simpatici, musichette di sottofondo vivaci ma non troppo, perfette come colonna sonora per qualche pubblicità del Mulino Bianco.

Tutto ha inizio quando a sei ex compagni di liceo arriva una lettera dal ministero, in cui si dice che per qualche oscura ragione dovranno rifare l’esame di maturità. Qualsiasi persona dotata di un minimo sindacale di senno si presenterebbe dopo due minuti dalla Gelmini per farle un mazzo così, loro invece no, cacciano giusto un urletto, ma poi alla fine hanno troppa voglia di rituffarsi nella loro giovinezza e quindi si rimettono a studiare. Tutti insieme, come ai vecchi tempi, stessa storia, stesso posto, stesso bar. Sarà un momento per riscoprirsi e crescere ancora, a trent’anni e passa suonati. Bamboccioni a chi?

Chi non si addormenta prima, riuscirà ad arrivare al giorno dell’esame. Tutti gli altri non avranno perso niente, tanto figurarsi se il signor Paolo Genovese – la mente dietro alla Banda dei Babbi Natale – poteva rendere vagamente imprevedibile un finale già scritto dopo due scene. Al regista però va riconosciuto il merito di aver messo in scena uno dei tratti distintivi della nostra epoca, la voglia di nostalgia a tutti i costi, che ha misteriosamente  assalito non i vecchi ma le nuove generazioni. Pochi verbi coniugati al futuro e tanto bisogno di ricordare qualsiasi scemenza, di rivivere episodi successi l’altro ieri. Ma a ottant’anni come faremo?

Luca Fabbri

UMORISMO INVOLONTARIO


RANCORE SUSCITATO
EFFETTI SPECIALI BECERI

martedì 11 gennaio 2011

TRON LEGACY ovvero Se non c'è la trama almeno c'è la moto-fotonica


Dopo il Natale succede che uno si ritrova con la cintura che non si chiude più per colpa dei cenoni e la mente confusa dalla annuale scarica di idiozia prodotta da Boldi-De Sica. Ma è inutile negarlo: al cinema si va soprattutto per intrattenimento, anno nuovo, stessa vita. Quindi sotto col prossimo kolossal. Tron: Legacy è un fumettone che sarebbe sciocco snobbare, perché se non altro è una vera goduria per gli occhi e per una volta non fa venir voglia di prendere a bastonate la cassiera dopo aver speso tre euro in più per occhialini 3D che danno solo noia e non servono a un tubo. Qui il 3D ha un senso eccome, visto che l’intero film non è altro che un’interminabile sequenza di effetti speciali.
Dice: ma la trama dove la metti? Beh una trama si trova. Fa un po’ acqua in qua e in là, c’era da immaginarselo, ma a un film del genere glielo si può anche perdonare. Quello che invece non si perdona a Tron è la consueta dose di scene con montagne di calci e schiaffoni in stile Matrix, capolavoro di un decennio fa che però ha rovinato buona parte dei film d’azione degli anni successivi, in cui guardacaso a un certo punto compare sempre un tizio che volteggia da una parte all’altra tirando sganassoni al rallentatore senza spettinarsi mai e con la camicia curiosamente in piega.
Tron per fortuna offre anche altro. E’ il seguito del film che nel 1982 aveva fatto un casino pazzesco, considerato pura avanguardia da legioni di fan perché metteva in scena per la prima volta la realtà virtuale. La meteora Steven Lindsberger era diventato dal nulla una celebrità come regista, salvo poi sparire dalla circolazione dopo aver collezionato un flop dietro l’altro con le pellicole successive.
Ma gli schei sono schei e quando la Disney bussa alla porta sarebbe da cretini non farsi trovare in casa. Così il nostro ha scritto e prodotto questo nuovo capitolo, diretto dallo sconosciuto Joseph Kosinsky. Al quale è stato staccato un assegno di 170 milioni di dollari per non badare a spese e mettere in piedi questo frullatone fatto di sfavillanti costumi minimal, rombanti veicoli virtuali, mobili rigorosamente moderni e cool, bonazze galattiche, colonna sonora house (dei bravissimi Daft Punk), resistenti contro l’impero, imperi contro i resistenti, e raffiche di luci al led sparate negli occhialini 3D.
Poi sì, da qualche parte c’è anche la storiellina di Sam Flynn, figlio del geniale programmatore ed ex amministratore della ENCOM dato per disperso negli anni ‘80, dopo essere stato risucchiato dal mondo virtuale che lui stesso aveva creato. Il ragazzotto potrebbe godersi la vita con le palate di miliardi di papà e invece vuol farsi del male. Sam entra nella scalcinata sala giochi di famiglia e dietro a un cabinato anni ‘80 trova il laboratorio del vecchio padre. Pa’, farò di tutto per trovarti e portarti a casa. Inserito il gettone, il videogioco comincia. Questo - dicevamo - l’inizio della storiellina, che quindi c’è. Virtualmente, si intende.
Luca Fabbri

UMORISMO INVOLONTARIO


RANCORE SUSCITATO


EFFETTI SPECIALI BECERI