venerdì 25 febbraio 2011

MANUALE D'AMORE 3 ovvero Come sputtanare attori famosi



La commedia romantica è il genere di largo consumo più spendibile sul mercato del cinema. L’importante sono i nomi in locandina e qui la produzione De Laurentiis non ha badato a spese.

Ci sono tutti: il divertente Carlo Verdone, il belloccio Riccardo Scamarcio, l’avvenente Laura Chiatti, la non-più-giovanissima e insipida Monica Bellucci, il teatrale Michele Placido e niente meno che Robert De Niro.
No, non è un errore di battitura, nel nuovo film di Veronesi regista di film come “Genitori & figli”, “Italians”, “Manuale d’amore” e “Manuale d’amore 2”, c’è l’attore di “Toro scatenato”, “Gli intoccabili” e “c’era una volta in America”.

Cosa c’entra? Nulla, ma che importa! Il film consiste in tre storielle d’amore in un condominio divise in tre fasce d’età: i giovani, la mezza età e gli over sessanta. Il risultato è un misto di romanticherie e luoghi comuni, con qualche scena divertente e un po’ di scene piccanti.

Matteo Cavezzali

UMORISMO INVOLONTARIO
RANCORE SUSCITATO
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martedì 15 febbraio 2011

I FANTASTICI VIAGGI DI GULLIVER ovvero Comicità lillipuziana (e recensione lillipuziana)


Jack Black fa ridere, non c’è dubbio. È simpatico, sì, sì, certo. Bravo eh. Niente da dire… Ma senza uno straccio di sceneggiatura e con una storia a dir poco moscia nemmeno Belushi sarebbe riuscito a far ridere. In questa versione hollywoodiana de “I fantastici viaggi di Gulliver” sopravvive solo l’idea un uomo enorme accanto a uomini piccolissimi. Un po’ pochetto per intitolare il film come il romanzo di Jonathan Swift, che si sarebbe anche parecchio arrabbiato se non fosse che un autore morto da  duecentocinquanta anni non può intentare causa legale per i diritti d’autore. Gulliver diventa qui il facchino di un quotidiano che per far colpo sulla redattrice che si occupa di viaggi, Darcy (Amanda Peet), improvvisa una spedizione alle Bermude per svelare il segreto del misterioso triangolo. Finisce a Lilliput, dove i cittadini sono alti tre centimetri, e anche l’ironia non si eleva molto più in alto.
Matteo Cavezzali


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